Il viaggio di formazione del Borromini secondo Dario Galimberti e il Voyage d’Orient di Le Corbusier ripercorso da Flavio Stroppini, nell’ultimo incontro dedicato alla Letteratura in movimento

Dopo il “Viaggio di necessità”, il “Viaggio fantastico” e il “Viaggio ecologico”, si è concluso martedì sera, 30 agosto, il ciclo dedicato alla “Letteratura in movimento” con il “Viaggio d’artista”; incontro organizzato nell’ambito dell’iniziativa “Chilometro zero” dalle Biblioteche cantonali ticinesi – alla cui ideazione ho partecipato – che si è tenuto nella hall della Biblioteca cantonale di Bellinzona.

Ospiti della serata, l’architetto e scrittore Dario Galimberti e il regista e autore Flavio Stroppini, con l’introduzione della scrittrice Sabrina Caregnato e la moderazione di Stefano Vassere, direttore delle Biblioteche cantonali e del Sistema bibliotecario ticinese, infaticabile, disponibile, concreto e appassionato, al quale vanno i miei ringraziamenti per il grande lavoro che ha fatto già solo per questo ciclo, piccolo tassello di un’iniziativa che anche quest’anno ha portato nelle biblioteche del cantone circa 40 incontri.
Ma torniamo all’incontro.
“Se oggi il viaggio viene spesso considerato come uno spostamento da un punto all’altro del pianeta, da compiersi nel modo più celere possibile un tempo era anche se non soprattutto un’esperienza formativa: partire significa abbandonare il noto per andare incontro all’ignoto. O meglio ancora come diceva il filosofo Michel de Montaigne Viaggiare significa strofinare il proprio cervello contro quello degli altri! Cioè un’occasione di crescita culturale e di sviluppo delle proprie capacità intellettive”. Così ha esordito Sabrina Caregnato ricordando come dalle peregrinazioni ad Loca Sancta e ai viaggi dei mercanti si è arrivati a quello che il canonico inglese Richard Lassels definì il Grand tour: un viaggio d’arte e di formazione dei rampolli dell’aristocrazia europea (fenomeno che raggiunse il suo apice nel Settecento). Da qui, la nascita e lo sviluppo di una vera e propria letteratura odeporica, con i tanti carnet de voyage, diari e raccolte di epistole. Partivano anche gli artisti alla ricerca d’ispirazione, di perfezionamento del loro sapere o alla ricerca di committenze.

Per citare alcuni grandi nomi nell’ambito dell’architettura elvetica: Carlo Maderno, Carlo Fontana, Borromini (1599-1677) e Le Corbusier (1887-1965), personalità di riferimento del libro di viaggio Pellegrino di cemento di Flavio Stroppini (Capelli editore, Mendrisio, 2012), il quale ha ricordato, durante la serata, come furono proprio i carnet dell’architetto di La Chaux-de-Fonds, confluiti nell’opera Voyage d’Orient, a ispirare il suo laico peregrinaggio – a piedi o con i mezzi pubblici – da Berlino all’Italia, passando per la Boemia, la Serbia, la Romania, la Bulgaria, Costantinopoli, la Grecia… “per raccontare che cosa è cambiato in cento anni”.

“Altro artista che partì giovanissimo è Francesco Castelli, meglio noto come il Borromini, che lasciò la natia Bissone probabilmente nel 1610 per andare a lavorare alla Fabbrica del Duomo a Milano”, spiega Sabrina Caregnato introducendo invece il personaggio, genio del Barocco, su cui Dario Galimberti ha scritto un racconto intitolato Francesco (pubblicato sull’antologia Racconti d’Italia, edita dall’Ufficio scuola del Consolato Generale d’Italia a Ginevra, 2022). Un testo di fantasia che prende spunto però da altri testi che hanno permesso all’autore di approfondire la conoscenza dell’architetto: Francesco Borromini: Vita Opere Fortuna di Piero Bianconi, 1967; e Opus architectonicum dello stesso Borromini, e in parte scritto da Viriglio Spada.

Entrambe le opere dei due ospiti propongono su carta il tema del viaggio d’artista, uno immaginato e l’altro realmente ripercorso. Il viaggio raccontato, il raccontare le storie di viaggio. Di questo si è parlato, dunque, trovando infine un terrendo comune per entrambi: lo spazio, la fisicità dell’esperienza (architettonica, o errante). “Per me, per viaggiare fondamentalmente ci sono solo due possibilità – ha detto Flavio Stroppini – o stare fermi in un posto e passarci moltissimo tempo che vuol dire raccontare per profondità, e l’altro invece il raccontare per relazione, che significa “incamminarsi”: sono due viaggi molto diversi, ma sempre viaggi. Quello che mi ha insegnato il viaggio sulle tracce di Le Corbusier è stato l’osservare, la calma e il prendermi il tempo per notare anche le cose meno importanti: ho visto, guardato, osservato e poi scoperto”. E così pure conclude Dario Galimberti: “È questo il senso del viaggio dell’architetto, che è abituato a operare per referenza: per fare qualcosa deve vedere con i propri occhi, deve in qualche modo trovarsi nello spazio, perché tutti i disegni del mondo non possono sostituirne la reale esperienza. Questa è la forza dello spazio narrativo che ci circonda, da cui nasce la necessità di volerlo descrivere”.
Così come i viaggi formano gli artisti, dunque, allo stesso modo gli artisti, e le loro opere formano nuova letteratura, in una continua e reciproca suggestione.

